Don Peppino Diana, il prete anticamorra che qualcuno ha definito “donnaiolo”

Maggio 29, 2008 at 12:45 PM Lascia un commento

Quando fu ucciso Don Giuseppe Diana erano pochi a Casal di Principe a parlare male di lui, la sofferenza e il dolore fu immenso, non si era mai visto un sacerdote essere ammazzato, per giunta il giorno del suo onomastico, per giunta nella parrocchia dove esercitava con impegno ed onore il servizio che la curia gli aveva ordinato. Don Peppino Diana il 19 Marzo del 1994 fu ammazzato senza pietà. Amava il suo popolo, amava la verità, amava la terra dove viveva, un amore che gli è costato caro.

Don Giuseppe visse negli anni del dominio assoluto della camorra casalese. Spietati e sanguinari, gli uomini del clan controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano infiltrati negli enti locali e gestivano fette rilevanti d’economia legale, tanto da divenire “camorra imprenditrice”.

In questo clima, “per amore del suo popolo” don Peppe Diana aveva incitato i concittadini a non tacere, a dire baste ed a pretendere un cambiamento…
Il barbaro omicidio, dicono gli atti processuali, maturò in momento di crisi della camorra casalese.
In un periodo di faida interna per l’egemonia dei traffici illeciti, una fazione del clan, in lotta contro l’altra, ordinò l’assassinio di don Peppe, personaggio molto esposto sul fronte antimafia, per far intervenire la repressione dello Stato contro la banda che ormai aveva vinto la guerra per il controllo del territorio… (dongiuseppediana.it)
Eppure, anche allora, come accade oggi con personaggi che quotidianamente si battono contro le ingiustizie, l’onore di Don Giuseppe Diana fu infangato, i giornali locali non ne fecero un eroe, anzi, l’ordine era partito, e gli editori di “alcuni giornali” obbedirono: Don Giuseppe Diana era un donnaiolo, un poco di buono, un delinquente, un mascalzone. I complottisti lo sapevano bene, uccidere l’uomo non bastava, c’era bisogno di ammazzare anche l’onore di Don Peppino, le sue idee dovevano essere infangate.
Il complotto funzionò, ancora oggi qualcuno definisce Don Peppino un “donnaiolo”, pochi lo ricordano per quel suo testamento lasciato alle generazioni future: “Per amore del mio popolo non tacerò”

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Afef la tunisina italianizzata partecipa al complotto “Quei bravi ragazzi” – Simone di Meo & co.

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